giovedì 23 luglio 2009

Metafore, Verità, Risvegli...

Lei era minuta, diafana e sottile, tanto che a volte sembrava non appartenere del tutto a questo mondo. In tanti la chiamavano “Fata”, e così noi la chiameremo. Amava le verdi montagne, così ricche di alberi, prati, ruscelli e cascate. Viveva del contatto con la Natura: la natura circostante, la propria natura, la natura ultima e reale di ogni cosa che le si svelava in quei momenti in cui si concedeva d’esser con se stessa… Da sola o in compagnia, quando era in quel contatto, lì si ritrovava e ritrovava l’essenza della vita… lì, libera, danzava, come danza ogni particella di quella che chiamiamo “materia” o, talvolta, “energia”, sempre consapevole dell’illusione che rende necessario dare un nome alle cose e credervi come se esistessero realmente separate dal tutto per farne esperienza.
Aveva memoria di dimensioni altre, più leggere, luminose e trasparenti, più prossime al reale. Quei ricordi le davano un senso di casa e appartenenza, più di quanto percepisse di appartenere a quel mondo in cui ora si manifestava.
A volte sentiva nostalgia del condividere profondamente quel senso di presenza e consapevolezza che potevano permettere a chiunque di andare oltre le mere ed effimere apparenze. Nonostante sapesse di custodire alcuni segreti della natura della quale era parte e ne portasse i segni nelle sembianze e movenze del corpo, soleva condividere il condivisibile nell’ascolto e nella comprensione, e amava, riamata, quella specie umana che sembrava possedere le chiavi della comprensione dell’Universo, anche se spesso pareva non ricordarsi più d’averle. E quando si incontrava con il muro dell’assenza da sé che coincideva col dimenticare la natura reale dell’essere, rimpiangeva la dimensione sottile alla quale sentiva che sarebbe potuta tornare una volta compiuta la missione terrena… una promessa tanto antica che nemmeno ricordava il tempo in cui l’aveva formulata: riportare ciascuno alla Natura, alla presenza e al ricordo della propria natura reale, risvegliando a quella dimensione nella quale tutti gli esseri sentono di comunicare davvero, ovvero vivono in comunione

Un giorno come tanti incontrò un Uomo. L’Uomo era molto sorridente e mostrava di possedere conoscenza. Sembrava proprio uno di quei rari appartenenti alla specie umana che sapevano comprenderla fino in fondo. Si comportava come se conoscesse i segreti che lei custodiva e che la segnavano, si comportava come si comporterebbe, forse, un Mago. L’Uomo aveva un suo seguito e, nonostante il seguito, sembrava molto solo, come se ospitasse in sé un vuoto apparentemente incolmabile.
La Fata provava sempre un sottile disagio quando si trovava davanti a un vuoto, e la propria natura empatica come l’acqua la portava naturalmente a impegnarsi a colmarlo, come una ferita da rimarginare. Si lasciò catturare da quel vuoto e dall’incanto sottile che l’Uomo sprigionava. Egli evocava immagini potenti, e a lei tutto questo parlava di magia… quasi un ritorno a quella che per lei era casa. In quella compagnia, pensò la Fata, sarebbe stato più semplice e breve portare a compimento la missione. Tanto più che l’Uomo dichiarava di avere il di lei medesimo obiettivo, quello di rendere ogni creatura più presente, risvegliata, consapevole di se stessa e dei propri doni e talenti.

Per lei, la vita scorreva tra il verde e l’acqua che la rigeneravano, mentre lui sembrava prediligere il clima secco e asciutto del deserto… o meglio, lui dichiarava, quello era il clima in cui aveva sempre vissuto… e asserì di esser pronto a seguire la Fata nella Natura che le dava vita pur di condividere la missione comune. Lei ne fu entusiasta, vicino a quell’Uomo sentiva nascere in sé il desiderio di condividere la missione sempre più, per poterla al più presto portare a compimento guadagnandosi il ritorno alla dimensione sottile che sentiva essere la sua reale dimora. Lui, forse, più che un Mago, era ai di lei occhi un Genio del deserto, come quello della lampada di Aladino, e sapeva incantarla con le parole e con gesti sapienti e suadenti, promettendo che ogni desiderio sarebbe stato esaudito. Presto la convinse che la natura nascosta e solo a lui conosciuta in un luogo segreto del proprio deserto sarebbe stata per lei ancor meglio delle verdi montagne consuete, delle quali le acque e il verde la nutrivano. La Fata lo seguì fiduciosa. Lui le descrisse paesaggi meravigliosi, montagne nemmeno mai sognate, cascate e polle d’acqua, le più fresche e rigeneranti, in mezzo a macchie di rigogliosissima e lussureggiante vegetazione… e intanto la conduceva verso i luoghi cantati e decantati. Lì si insediarono, col di lui seguito, per incantare folle di passaggio e stanziali, descrivendo loro i passi presunti del risveglio alla vita reale, testimoniato da lei che ne mostrava alcuni segni.

Passava il tempo, e la Fata ormai vedeva con gli occhi del sapiente incantatore… ma presto si accorse che qualcosa non andava in lei.
Di fronte a lei c’erano le oasi più floride e ricche che potesse aver mai desiderato… le acque più accoglienti e rigeneranti… ma perché, allora, sembrava non riuscire ad attingervi? E perché mai lì sentiva venir meno le forze, si sentiva prosciugare sempre più in quei luoghi che avrebbero dovuto essere per lei fonte di vita? Perché le sue ali e la sua pelle avvizzivano, e il corpo le bruciava come se fosse stato esposto al più rovente e arido calore mai sopportato?... Lui la esortava: era solo questione di abitudine, diceva… agli occhi di lui, lei stava compiendo un salto, doveva solo smettere di guardare al passato e ampliare la sua visuale, il suo orizzonte, lasciandosi alle spalle ciò che aveva vissuto e amato prima… era lì al servizio di una buona causa, e il loro sodalizio avrebbe fruttato il coinvolgimento di tante più persone… doveva solo guardare le cose da un altro punto di vista, cioè come le vedeva lui. Lei gli credette ancora, e resistette quanto più poteva… finché un giorno, giunta allo stremo delle forze, si sentì mancare, come se il cuore le si fermasse in petto, e cadde a terra sentendosi morire. E mentre cadeva, solo allora, finalmente, sentì i suoi occhi spalancarsi di attonita meraviglia, e vide davvero.

Intorno a sé solo rocce, e sabbia, sabbia rovente che incontrava il cielo in ogni orizzonte. Il deserto la circondava senza ombra d’acqua né di verde: non v’era oasi alcuna, ma solo arida desolazione.

E allora comprese: si fidava così tanto di quell’Uomo, gli aveva così tanto creduto che solo il senso di morte, il pericolo occorso alla sua vita, l’aveva risvegliata al vero. Le era stato concesso il privilegio di morire prima di morire… Perché alla fine, quando la vita sembra sfuggire quasi fosse giunta al suo termine, tutti i veli cadono dagli occhi e la verità svela se stessa.

Esausta e prosciugata, si rese conto che la sua mente e i suoi occhi si erano lasciati ingannare dalle lusinghe del cammino facile e breve, ma il suo corpo le aveva svelato la verità, e il reale ora si imponeva. L’oasi decantata altro non era se non un miraggio, un’illusione… Ora contava solo far ritorno alla Natura che portava nel cuore, alla natura propria, alla natura che garantiva la vita e l’esistenza: quella era casa. Raccolse le poche energie rimastele, e col pianto nell’animo disse all’Uomo che no, non poteva restare… ma non lo avrebbe mai lasciato solo, nonostante si fosse sentita ingannata… avrebbe continuato a stargli accanto per il bene del sogno comune durante il giorno, e dal tramonto all’alba sarebbe ritornata al verde e all’acqua, a celebrare la Natura per rigenerarsi e trarre quella vita che le avrebbe permesso di continuare la missione al di lui fianco.

Ingenuamente, lei pensava che l’Uomo avrebbe colto il segnale e accolto il di lei risveglio come un’opportunità per uscire egli stesso, come già il Mago di Oz seppe fare, dalla trappola di una vita virtuale, fatta ad arte per dare potere a un’immagine artefatta di sé, costruita forse per paura o solitudine, forse per rimarginare un’antica ferita, forse per celebrare una pretesa e vanitosa autorità, forse per esercitare una supremazia e un controllo insensati e inutili agli occhi dell’amore, della compassione e di quell’Ordine Divino che tutto comprende. Non sarebbe stato meglio raggiungere il cuore degli altri mostrando se stessi davvero?
Ma egli non tollerò di vedere svelato l’inganno. O forse non sopportava che qualcuno lo mettesse di fronte all’illusione, al miraggio al quale lui stesso mostrava di credere e assoggettarsi. Troppo spesso, infatti (solo ora la Fata vedeva), più che risvegliare, lui aveva indotto altri, nel seguito e tra la folla, a costruire miraggi e illusioni, a dare potere alle lusinghe dell’ego attraverso la mente, in nome di una propria allucinata visione… una visione che lo vedeva potente, unica guida di un ordine virtuale e artefatto, riconosciuto agli occhi di lui solo e di chi vedeva attraverso i di lui occhi.
Di fronte alla Fata, ormai conscia e consapevole, ormai in grado di discernere, l’Uomo svelò un aspetto di sé che lei non poteva immaginare e non aveva potuto riconoscere, giacché riconosciamo negli altri solo le cose che ci appartengono… Per lui, lei avrebbe dovuto rinnegare la natura e la vita, e piegarsi al deserto. Lei non si piegò, e riconfermò la sua promessa, scegliendo il risveglio al reale. Allora lui rinnegò ogni proposito e ogni affetto, e allontanò la Fata insinuando ciò che solo il di lui animo albergava.

Ciò che a lei più dispiacque in quel momento fu di accorgersi che lui stava tentando di distruggerla con le menzogne, rivestendola di epiteti ingiuriosi coi quali proiettava su lei ciò che, probabilmente, a lui e a lui solo apparteneva.

Alla Fata rimasero i segni anche di quell’esperienza, come un risveglio ulteriore. Grata alla vita ed ancor più grata alla morte che l’aveva sfiorata per svegliarla, tornò al suo compito con umiltà ancor più grande, senza più rimpiangere una casa che ora sapeva di portare ovunque con sé, in sé, nel suo cuore, consapevole ormai che non vi sono scorciatoie per andare nei luoghi che contano.

Ripensando all’incontro con quell’Uomo, grazie al quale aveva compreso che nulla ha valore se non la vita reale che ci è data, la cui natura è bene riconoscere, preservare, rispettare come il più prezioso dei beni, alla Fata un dubbio rimase… Non sapeva dire se egli fosse stato puro in principio, e poi vittima di forze oscure da lui stesso consciamente o inconsciamente attratte o messe in gioco, richiamate come pericolosi alleati dal crescente interesse per il potere… O se davvero la brama di potere e controllo fossero in lui fin dall’inizio e lo accecassero al punto di portarlo a rinnegare l’appartenenza a un Ordine più grande e naturale pur di distinguersi fra gli altri, facendolo sentire in diritto di disporre delle altre persone giocando a piacimento in nome di una sua pretesa supremazia… O magari...magari lui aveva solo recitato la sua parte, il suo ruolo, per portarla a quella nuova comprensione e consapevolezza di sè... E chissà cos’era il vuoto che lei avvertiva in lui all’inizio… forse in quel momento lui era stato lo specchio del vuoto che lei finalmente aveva colmato trovando in se stessa il senso di cuore che è casa… o forse in lui v’era uno spazio che apparentemente né la compassione, né l’empatia, né l’amore altrui avrebbero mai potuto colmare se non sostenuti forse dall’umiltà che conduce al rispetto per l’Ordine e la Natura propria e altrui… Alla fine, poco importava… Forse, a suo tempo, anche lui si sarebbe svegliato, se necessario… o forse il deserto sarebbe stato per sempre la sua casa poiché, per alcuni, miraggi e illusioni contano quanto per altri vita e amore in altre forme… e ciò va solo accettato… In fondo, sarebbe bastato che lui avesse riconosciuto e rispettato la natura differente di lei, che per natura già faceva altrettanto, senza pretendere di usarla e assoggettarla al suo regno attraverso l’inganno… forse…
Di certo, nella di lei visione, i loro due mondi così differenti si sarebbero potuti compenetrare sotto un cielo comune, quello dell’Ordine naturale e divino che tutto abbracciava e comprendeva… ma a lui ciò non sembava interessare. Di certo non ora, e forse mai. E, di certo, prestare attenzione ai dubbi a lei non sarebbe servito, e ascoltare le menzogne nemmeno.
Meglio il silenzio, e la verità per proteggersi.
La Fata lasciò per sempre il deserto e tornò alla sua natura… viva, rigenerata, rigenerante.

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