giovedì 25 giugno 2009

Rinascita

Ho sempre amato definire me stessa come una “ricercatrice” nell’ambito di quegli strumenti e di quelle esperienze che hanno come scopo principale quello di accrescere la consapevolezza di sé per approdare a una sempre maggiore espansione della coscienza stessa di esistere.
La mia ricerca mi ha portata a coltivare parallelamente sia il grande interesse per il funzionamento del corpo, della mente e della psiche umana, sia quello per il mondo dei simboli e degli archetipi. Seguendo questo binario, passando per una formazione incessante in tecniche di integrazione della struttura corporea e mentale (in chiave psicofisiologica con ampi risvolti antropologici) iniziata negli anni '80, sono giunta ben presto a confrontarmi con alcune antiche correnti appartenenti sia allo sciamanesimo sia alle Vie spirituali di tradizione, incontrando guaritori e Maestri spirituali di ambo i sessi. Grazie a questi incontri mi è stato possibile espandere notevolmente la mia mappa, visione e concezione del mondo, riconoscendone sempre più la soggettività e l’ulteriore possibilità di ampliarne i confini. Le persone straordinarie e i Maestri che ho incontrato mi hanno ulteriormente spronata ad andare oltre i limiti del pregiudizio e dell’apparenza, incentivando sempre più la rimozione di presunte “certezze” fideistiche restrittive che via via, una volta rimosse, lasciavano spazio a una inimmaginata libertà di pensiero e azione, basata su esperienze percettive sempre più sottili.
Scoprivo con sorpresa (prima di incontrarli pensavo che alimentassero la dipendenza, assecondando nelle persone il bisogno di credere in qualcosa mettendo se stessi su un piedistallo...) che i Maestri agiscono e “lavorano” umilmente per la libertà reale di ciascuno: prima per raggiungerla essi stessi, poi per aiutare le persone a scoprire e a realizzare la loro natura più vera, profonda e spesso celata, quella natura unica che contraddistingue ogni essere a prescindere dall’etnia, dallo status e dal “credo” (leggi “religione”…ma anche credenze e convinzioni) di appartenenza, andando oltre qualsiasi “credo” in sé. Questi esempi viventi di realizzazione e rispetto mi inducevano sempre più a lavorare sul “risveglio”, il risveglio della coscienza, il risveglio alla presenza nel qui ed ora, il risveglio al mio “senso di sé” più vero e profondo… perché, anche se non capivo esattamente cosa fosse questo stato che poteva portarmi al di là delle soglie e spoglie del mio cosiddetto “ego” (quello in cui ci si identifica, e che rischia di diventare una prigione nella quale ci si prende troppo sul serio) per sperimentare un sentire più ampio, sentivo che una volta sperimentato quel sentire, l’avrei riconosciuto.

Sentivo anche di non essere sola in questa ricerca. Avevo infatti il sentore di una “rete” cui appartenevo come molti altri, altri che come me condividevano intento e cammino. Forse ero solo un po’ troppo frettolosa di riconoscere chi intrecciava il suo percorso col mio, e magari anche di apprendere strumenti per accelerare il percorso, anziché seguire le orme di chi aveva già ottenuto completo successo nell’impresa. Pensavo di poter sostituire alla saggezza dovuta all’esperienza di vita la mia ferma volontà di riuscire… pensavo che, per vivere il risveglio della mia coscienza d’essere e l’espansione della mia consapevolezza, magari “contagiando” positivamente altre persone (da brava trainer e insegnante…) per condividere con esse queste nuove conquiste, bastasse accedere a quegli stati di coscienza “altri” e alterati che, attraverso la trance, Maestri, guaritori e sciamani sembravano “navigare” a piacimento.
Questo mi indusse, in un primo tempo, ad affrontare l’ipnosi come accesso facilitato agli agognati stati “altri” di coscienza e, infine, ad approfondire l’arte di comunicare con se stessi e gli altri attraverso la programmazione neuro linguistica. Mi sembrava di aver trovato una scorciatoia, o addirittura un'autostrada... comunque una strada comoda e veloce per accedere a quelle dimensioni della coscienza che potevano portarmi all’essenziale, al di là di ogni illusione…

Di fatto, stavo dando davvero molto spazio e importanza alle esperienze di trance, come se fossero veramente essenziali e determinanti allo sviluppo mio e delle persone in generale. Invece, l’esperienza di trance era solo una porta. Ormai credevo, grazie a quelle esperienze, di essere “sveglia”, credevo di essere “fuori” da Matrix, e capite cosa intendo se avete visto il film (il primo, anche solo quello. Se non l’avete visto, rimediate e capirete di cosa parlo...).
Mi sbagliavo.

Marzo 2009. Una Domenica come un’altra. Ero a casa mia in cucina, e mentre riordinavo ne approfittavo per “ripulire” anche la mia mente, alla ricerca di blocchi inopportuni, perché avevo da un po' di tempo la sensazione di “qualcosa di troppo”, o di stonato, dentro e intorno a me. Mi chiedevo cosa ci fosse, ancora, che ostacolava il flusso e frenava il libero corso degli eventi… il corso della realizzazione dei miei progetti nel lavoro, il corso della mia realizzazione come persona. Apparentemente, tutto sarebbe dovuto “filare liscio come l'olio”, e invece percepivo distonie e difficoltà che tuttavia non riuscivo a individuare distintamente.
Ero reduce dall'ultimo corso in pnl seguito oltreoceano e frequentato con alcuni colleghi, visto che l’entusiasmo di fronte al potere del linguaggio evocatore di stati alterati di coscienza mi aveva portata ad accogliere un’idea di collaborazione che sembrava potesse portare a grandi risultati in breve tempo. Mi era sembrato proprio un bel corso (e, in generale, mi sembrava un bel percorso), nel quale tutti noi avevamo vissuto stati di trance che portavano a volare alto, a percepire che tutto poteva diventare possibile… bastava volerlo, immaginarlo, sognarlo… e lo stato di esaltazione che ne seguiva pareva davvero più che piacevole… profondamente rigenerante, direi. Sembrava di toccare il cielo con un dito. Al seguito di quel corso, alcune idee e collaborazioni mi parevano ancor più che mai utili e proficue, e stavo dando energia a progetti che al momento mi sembravano davvero volti al “risveglio” della coscienza umana. Mi pareva proprio che fosse importante lavorare in un certo modo sulla mente, sui processi che, attraverso il linguaggio, incrementano certi cambiamenti nel modo in cui i pensieri vengono formulati e “lasciano il segno”… per quanto il pensiero sia in grado di generare, in effetti, emozioni e stati in grado di condizionare perfino il corpo.
A un tratto, mentre ero in piedi davanti al lavello della cucina, ho sentito un suono improvviso, in rapidissimo crescendo, farsi strada nel mio cervello lacerandomi i timpani. Indescrivibile, un urlo metallico, una sirena, un allarme assordante che mi stupiva soprattutto mentre mi rendevo conto che sembrava echeggiare solo nella mia testa… mi sono resa conto che stavo cadendo a terra senza alcuna possibilità di oppormi alla gravità, senza alcun controllo del mio corpo (prima di allora ero stata diverse volte sulle soglie dello svenimento senza mai perdere coscienza e controllo: me ne accorgevo da piccoli segnali da “pressione bassa”: vertigini, ronzii, palpitazioni, oscuramento della vista… mai, mai ero caduta così, prima d’ora. Semplicemente, mi sdraiavo, sollevavo le gambe e attendevo di riprendermi, cosa che avveniva puntualmente). Questa volta avveniva tutto troppo in fretta, senza preavviso, ed era qualcos’altro rispetto a ciò che conoscevo. Un solo pensiero, per cosa avrebbe trovato chi mi avesse cercata, mentre mi sentivo strappare via dal corpo, come se un’immensa mano afferrasse la mia coscienza e la estraesse repentinamente in un lampo dalla sommità della mia testa. Il mio corpo cadeva a terra, “io” venivo strappata e attratta supersonicamente verso l’alto, indietro in diagonale… buio totale, l’impressione di una velocità vertiginosa in una sorta di tunnel (che strano…da come lo descrivono nei libri e nei film, me lo sarei aspettato “in avanti”, non verso l’alto in diagonale)… una proiezione della mia coscienza scagliata verso una luce abbagliante in fondo, o meglio in cima…
Non c’è corpo “formale” in quella dimensione davvero “altra”, solo coscienza pura di esistere. Niente che assomigli ai pensieri, o alle percezioni “umane”, terrene. È “qualcos’altro” che posso descrivere, adesso, solo usando metafore e “come se”.

Mi ritrovo improvvisamente in uno…spazio? …Se fosse uno spazio e avesse colori, potrei dire che era di una purezza cristallina, tenue e abbagliante insieme. Qualcosa simile alla luce riflessa dei cristalli quando la scompongono in arcobaleni… Colori, se fossero tali, vivissimi, brillanti e delicati insieme… Io coscienza pura, pura presenza e consapevolezza. Né spazio, né tempo. Solo impressioni. Cioè qualcosa che si imprime indelebilmente, o forse…si svela? Perché è come veder cadere tutti i veli di colpo…tutte le illusioni svanite…dissolte, e rimane solo la realtà…cruda e forse crudele… Di colpo, fuori da Matrix…fuori…da ogni contenitore rassicurante…oltre il mio nome, il mio genere, il mio ruolo, la mia vita… oltre ogni definizione, limite o confine….e c’è solo il sentire puro, e la coscienza assoluta di ciò che sono al di là di ogni nome, e forma umana.

…Chi sono, da dove vengo, dove vado…
Io sonoquiora.
Scorre in un baleno il film della mia vita “ultima”, quella che fino a poco prima mi apparteneva, ciò con cui potevo identificarmi. Mi impatta il ritorno di ciò che fino ad ora, in questa vita di Monica, Monique, ho seminato. Percepisco una rete sottile e potente che mi connette indissolubilmente ad altri umani “sentire”, e distinguo. Oltre gli umani sensi, oltre al vedere perché non posso dire di “aver visto”… oltre al sentire, all’odorare, al gustare, al toccare… perché non si “sente”, né si “tocca” quel che provo in questa dimensione, lontana da ogni possibilità di descrizione…
Oltre gli umani sensi, mi rimane solo il senso delle relazioni umane.
Sorpresa. È come se nient’altro fosse rilevato o rilevante, non c’è nient’altro oltre a questo. Mi si svela, chiaro come il sole in pieno giorno, che nient’altro ci portiamo dietro oltre la vita terrena… solo il senso di ciò che abbiamo vissuto e condiviso, quell’esperienza che nasce dalle relazioni “vere”… E cade la maschera dei ruoli, finisce il gioco delle presunte grandezze, o presunzioni… e null’altro rimane, solo l’amore che abbiamo dato e condiviso… solo il confronto con le proprie intenzioni, e nemmeno coi risultati…
Dio, dove Sei?
Ti Sono dentro… Mi-Ti Sei dentro…
Oltre l’umana commozione, provo il senso di un’enormità incomprensibile, in questa rete… che tutto connette… e la sensazione… che la Vita serva proprio per colmare tutti quegli “spazi” tra le maglie della rete stessa, quei vuoti di conoscenza per le aree di coscienza e percezione ancora inesplorate… aree in cui l’amore ancora non è stato scoperto e percepito… e dato…
E in questo limpido stupore, l’impatto improvviso con un mondo paludoso e insieme arido, le sabbie mobili degli interessi, del potere, del successo facile, delle illusioni create nella trance e vendute come panacea… grazie ai giochi di un linguaggio sottile che scolpisce la mente e la riplasma, e quando riplasma solo il cervello crea altre illusioni con la pretesa di dissolverle, sovrapponendo benessere ricreato a malessere sopito… La mente mente, per quanto si lascia, ingenuamente, suggestionare.... Mi appare chiaro ed evidente, ora, come ogni risposta e capacità di comprensione si trovino oltre la mente, ben al di là di essa… e la chiave per raggiungerle sia l’espandersi della coscienza e della presenza a un sé che non dipende dall’identità terrena, ma definisce se stesso attraverso l’amplificarsi delle percezioni e del sentimento, e null'altro… uno stato detto anche presenza… e, per alcuni, sentire

Sento, sentosento e sono… prendo coscienza di tutta quella che vissuto come la “mia” vita, la rivivo in meno di un battito di ciglia… eterno... e mi ritorna tutto ciò che ho dato e ricevuto, e solo quello che ho dato conta, per quanto sono nuda di fronte alle intenzioni che hanno mosso ogni mio gesto, ogni parola, ogni azione verso chiunque, anche solo per un attimo, ha fatto parte della mia vita… come trovarsi di fronte alla verità finalmente cruda, svelata, senza filtri… senza più scuse…solo la Verità… solo ciò che è Vero… solo ciò che ha valore… solo le relazioni umane…senza interessi… nude anch’esse, come me.

Mi confronto con ciò che ha mosso ogni mio passo. Solo gli Amici contano, adesso.
Solo le buone compagnie, quelle che quando fai un salto saltano con te, chi prima, chi dopo… e cui resti accanto silenziosamente anche quando non saltano, pronta a consolarle quando si fanno male… quelle di cui ti prendi cura a prescindere dal se-mai si sono prese o si prenderanno cura di te… e quelle che ti stanno accanto quando hai paura di saltare e aspettano silenziose…e ti aiutano a rialzarti dopo ogni caduta… e nonostante le cadute…
In questa rete di connessioni, in queste relazioni non c’è spazio per la seduzione… c’è spazio solo per quell’attrazione che nasce dall’Amore e all’Amore conduce… solo quello ha un senso, come se fosse il solo senso che sopravvive alla morte. O che, di fronte alla morte, si presenta. Conta solo chi ho amato, e quanto. A chi ho dato senza riserve. Senza tenermi niente. Senza preservarmi.
E torna la palude, con le sabbie mobili di relazioni malsane e alla fine sterili, coi giochi di potere, le supremazie, le presunzioni.
È come se vedessi chiaro in ogni cosa, adesso.

Sei una goccia d’acqua… puoi scegliere di farti seccare al sole, e magari una piccola parte sopravvivrà e andrà ad aggregarsi alle nubi, e ricadrà da qualche parte sulla terra, senza più memoria… puoi scegliere di lasciarti assorbire dalla sabbia o dalle sabbie mobili dalle quali mai niente crescerà davvero, dando potere alle menzogne che avviluppano e trattengono dal volare veramente… puoi scegliere a quale corrente affidarti ricordando la tua Essenza e celebrando la tua Natura, ricordando chi sei, da dove vieni e dove vai…perché l’unico potere che abbiamo, noi piccoli, minuscoli granelli di sentire, è quello di scegliere a quale corrente appartenere, con quali Amici viaggiare…o forse, più che scegliere, riconoscere… sì, riconoscere a Chi apparteniamo…a noi stessi, alla “nostra” corrente, quella che ci guida e amplifica la nostra libertà di fluire, portandoci all’Oceano dove il nostro sentire, già durante il percorso, si fonde con altri senza confondersi… con i sentire affini, quelli che vibrano con noi… che fluiscono in un’unica Via e corrente, pur mantenendo il senso di una consapevolezza Una…
Io…sono…qui…adesso...

Discernimento, al di là delle illusioni e del desiderio di condividere a ogni costo ciò che mi guida, magari con chi invece percorre altre strade. Discernimento…

E poi all’improvviso qualcosa mi strappa a quella dimensione… mi risucchia giù, in un corpo che non risponde… solo quel fischio urlante nelle orecchie, ancora…mi lacera la mente già spezzata mentre riapro gli occhi, a terra, la testa rivolta a destra, lo sguardo fisso…vedo la “mia” casa…cerco d’istinto il battito del cuore… non lo trovo, al suo posto il frullo d’ali di un colibrì… poi il nulla.
Vengo meno ancora ai miei sensi umani appena riaccesi, mi sento spegnere del tutto, mentre ho il vago ricordo di non sentire nemmeno più il colibrì, di colpo, come se il frullo d’ali cessasse all’improvviso. La visione di ciò che mi sta intorno si riassorbe veloce in un puntino luminoso, come quando spegnevo il vecchio televisore dei nonni, da bambina… poi…
Nero. Buio. Spento. Tutti i sistemi azzerati. Mi “trovo” sospesa in un vuoto nero brillante. Niente pensieri, niente impressioni. Niente...emozioni? Sto…sono…il mio sentire…ancor più scarno. Essenziale. Sto con quello che mi appartiene, al di là di spazio e tempo. Qualcosa di infinitamente lontano, ancor più di prima, da ogni possibilità di descrizione.
Pura coscienza d’Essere.
Sto con ciò che ho incorporato in “quella” vita di Monica e forse altre, parallele….
Sono ciò che sono stata capace di sentire e provare, al massimo grado. Non negli stati esaltati della trance, non negli stati alterati della mente, non negli stati di ebbrezza da endorfine al massimo. No.
Sentimento. Ancor più di prima, sto nella semplicità assoluta. Sto negli stati quieti e dolcemente liquidi dell’Amore che ho amato, che sono stata capace di provare, e forse di trasmettere.

Non so come, i sistemi si riaccendono. Il cuore sembra passare di colpo da una “danza taranta” a un ritmo che mi sembra al limite del credibile, tanto mi pare assurdamente lento. Ma forse, mi dico, mentre il suono lacerante adesso è solo un sibilo che urla affievolendosi, è la mia percezione del tempo che è sballata…
Finalmente mi ritrovo nel corpo, e muovo gli arti a fatica, e mi sembra che ci voglia un secolo. Resto stordita, la testa mi duole in modo feroce, non so se è stata la botta della caduta o cos’altro. E il dolore non è l’unica cosa feroce che sento. Sento in me crescere la consapevolezza dell’inganno, che mi rende più feroce del mal di testa. L’inganno perpetrato da quella mente che mente, o che si lascia ingannare, e dalle menzogne alle quali essa crede. L’inganno dell'illusionismo che usa parole, gesti e incantamenti sottili per manipolare sensazioni ed emozioni facendo credere che i veli cadano, quando invece ci si sta solo dipingendo sopra immagini così soddisfacenti e degne di ammirazione da credere, poi, che quella sia la realtà vera e far passare la voglia di guardare oltre il velo stesso… un paesaggio fantasmagorico e allucinato al posto della Verità nuda. La mente che mente. Adesso lo so, lo vedo, lo sento, lo tocco con mano. È così programmabile, la mente… Peccato, per tutti quelli che mi hanno programmata nel tempo, consapevolmente o meno, in buona fede o meno, che un’esperienza del genere, come un qualsiasi fortissimo shock, deprogrammi il cervello e tolga ogni filtro apposto al sentire. Mi tornano alla memoria i cani di Pavlov, programmati perché i loro riflessi di salivazione fossero condizionati dal suono di una campanella. Anni di programmazione andati in fumo quando i poveri cani rischiarono di annegare. Salvati in tempo, avevano perso ogni condizionamento. Mi sento solidale con loro. E ringrazio. Cos’altro posso dire, o fare…?
Niente.
In realtà niente, perché ho vissuto un’esperienza talmente essenziale che non può essere spiegata e nemmeno descritta. Sono solo povere parole, o parole povere, queste. So solo che la sensazione più viva è che ciò che sta e rimane a livello mentale, anche coinvolgendo la nostra capacità di vivere emozioni e stati che arrivano a modificare il sentire corporeo, finché non coinvolge la struttura profonda (quel corpo che non a caso è stato indicato come il Tempio dello Spirito) resta un velo appiccicato su altri veli.

“Non ci sono scorciatoie per andare nei luoghi che contano” (anonimo).

Potremo essere i più bravi illusionisti, potremo convincere le persone a star bene, e perfino convincerle che tutto è possibile… non faremo altro che aiutarle a costruire illusioni su illusioni… come svegliarle, apparentemente, per farle invece passare da una Matrix a un’altra Matrix, magari più gradevole… e pur sempre una gabbia.
Cosa conta? ...è così soggettivo… cosa vogliamo “davvero”? Star bene ad ogni costo senza andare in profondità, accontentandoci della superficie rassicurante che può essere riverniciata con ogni colore… Oppure, semplicemente, sverniciare per far apparire il legno vero, col suo bel colore e calore naturale? Vogliamo continuare a sovrapporre facciate su facciate, restando sensibili al giudizio e all’approvazione altrui, o vogliamo affrancarci da tutto questo magari esponendoci alla critica, pur di scoprire e seguire la nostra Essenza e Natura unica, nel pieno rispetto di quella nostra e altrui?

Mai più manipolabile sarò, ora che sono stata faccia a faccia con tutte le volte che, consapevole o meno, ho manipolato e controllato e mi sono lasciata manipolare e controllare venendo meno a quel rispetto. Mai più controllabile da altri. Affido il “controllo” a Qualcosa che sento più grande di me, che non comprendo e so solo di aver sperimentato in questa esperienza di morte. Qualcosa di cui faccio parte, cui appartengo, o che forse mi appartiene. Il confine è labile, quando ci si sente nel flusso. Sparisce il senso dell’”io” e resta un “noi” che fa venire voglia di restare lì, perché quella è “casa”.

Eppure ritorno a questa Vita. Ancora. E vesto i panni di Monica, Monique, adesso. Senza più chiedermi chi c’è dietro, o dentro.
Ancora più forte di prima, il messaggio mi pervade. È la chiamata alla ricerca, come una vocazione. Ed è l’unica cosa che conta, adesso. Portare ad altri gli strumenti che mi hanno condotta qui, condividerli perché altri arrivino a questo punto (quelli che lo vorranno, ovviamente…i compagni di percorso e di flusso, insomma), senza bisogno di farsi venire una sincope per svegliarsi. E farlo nella grande, essenziale semplicità del “come viene, viene” e del “quando accade, accade”, per star fuori dalla trappola del sentirmi utile a ogni costo.

È possibile che io abbia sperimentato, così mi hanno detto, gli effetti di una sincope con fibrillazione e arresto cardiaco, anche se l’incredulità rimane di fronte al fatto che pare io mi sia rianimata autonomamente... sarà che ho seguito a suo tempo un corso di primo soccorso… e alla fine per fortuna faccio tutto da sola… o almeno mi salvo, da sola... o forse, piuttosto, è vero che non siamo mai soli. Mio figlio, infatti, sostiene che gli Elfi, le Fate e i Genii di casa mi sono saltati sulla pancia… è una visione un po’ fantasy del massaggio cardiaco, in effetti, e comunque, visto il contesto, regge... In ogni caso, qualunque cosa fosse, è stata un'esperienza. Intensa.

Miei cari tutti, il mondo della trance è una porta meravigliosa, che può anche condurre a quanto di più illusorio vi sia. Possiamo usare la trance per creare stati meravigliosi, e continuare con questi a coprire i veli pesanti con altri veli, leggeri, colorati, variopinti, cangianti, affinché mai ci venga voglia di sollevarli e guardare oltre, verso ciò che è più vero, verso quell’umanità che a volte è sofferenza, e sempre è gioia di condividere oltre le emozioni stesse quegli stati che solo il cuore, e mai la mente sola, comprende. Oppure possiamo usare quella porta per togliere illusioni, per far cadere i veli uno per uno, e riportarci all’essenziale, e lì possiamo farlo, certo, accettando umilmente di farci strumenti e di servire la causa del risveglio, quello “vero” (solo il nostro…), che non va così d'accordo con gli interessi e magari non ci premia con la fama, con l'esaltazione, col successo e col denaro facile e immediato. Matrix insegna. Un film, bella metafora. Il protagonista, Neo ("Neo-oNe" ovvero l’uno), non ringrazia nessuno lì per lì una volta sveglio. Il "traditore" suo antagonista, Cypher (da "sifr", che significa vuoto, zero… tutt’altro che presenza…), sceglie di tornare a dormire e a sfamare il sistema, pur di godere dell’illusione della Matrix. Il lavoro è lungo, e duro. Perché non si possono togliere i veli se prima non si è preparato il terreno rafforzando la struttura all’origine, quella che ci sostiene, che ci fa sentire ponte tra Cielo e Terra…
Quel corpo, Tempio dello Spirito, che non mente e non inganna mai. La mente è lo strumento “di passaggio”, raccoglie e ordina informazioni, e può essere ingannata. Il cervello, suo strumento, non distingue tra ciò che è immaginato e ciò che è percepito attraverso i sensi, e spesso il corpo riporta tracce di cose mai vissute e inculcate con sapienti induzioni. E con questo si può anche aiutare le persone a guarirsi, come ad ammalarsi. Basta evocare lo stato desiderato con le giuste induzioni, facendo leva con sollecitazioni opportune. Ma di fronte a uno shock, o semplicemente a un senso critico opportunamente vivo e vivace o risvegliato, capace di guardare oltre ciò che sembra e appare, solo ciò che è “vero” lascia il segno e perdura… solo ciò che è stato incorporato, con l’intensità che ci vuole per lasciare impresso il solco di un’esperienza reale della coscienza.
Nel corpo si scolpisce la nostra storia, quella che rimane alla coscienza e, forse (o veramente, per chi crede), sopravvive alla morte del corpo stesso. Il corpo che soffre, che suda, che geme, che ride, che abbraccia, che scalda, che gode, che freme, si ammala e guarisce… attraverso e oltre il pensiero e l’emozione, il corpo che incarna l’esperienza della coscienza pura.

Nella mia esperienza, tutto ciò che esiste e sopravvive alla morte è una parola sola. Umanità.
O, forse, Essere, o Essenza, intesi come essenziale. L’Uomo, ponte tra Cielo e Terra.
L’Uomo, archetipo Divino. L’essere umano, per quanto commisto e assimilato ad altre specie aliene, forse, o fatate, per una come me che crede nelle fate, nei geni e negli spiriti della natura, nonostante l’età... :-)
Tutto questo è comunque umanità, o meglio ancora, Natura. Umana, e Divina… comunque vivente.

Al mio “risveglio”, dopo quell’esperienza, mi è apparso chiaro il motivo per cui Shaykh Nazim an-Naqshbandi, un Maestro Sufi che incontrai nel 1995 (e altri con lui, soprattutto Buddhisti) diceva che gli “effetti speciali” generati da stati alterati di coscienza possono distrarre dalla ricerca del Reale. Diceva che il solo accesso per approdare al Divino e al reale senso di sé e di appartenenza al Tutto, oltre ogni illusione, è la porta del cuore. Non lo capivo completamente, credevo davvero che certe esperienze potessero espandere coscienza e conoscenza. Adesso credo di comprendere.
Il nostro cervello comunque “riveste” tutto ciò che viviamo con qualcosa che conosce, lo assimila a ciò che già ha vissuto… Se mi è possibile ricordare e raccontare qualcosa delle impressioni ricevute quando il cervello per pochi secondi forse si è “spento”, lasciandomi coscienza pura, è perché mi sono educata per anni a sentire e percepire attraverso il corpo e il cuore, a registrare ogni impressione che dal corpo arrivava al centro del petto, senza dare significati a ciò che sentivo. E lì, dal corpo al cuore, si percepisce qualcosa che sta oltre le emozioni. Oltre i pensieri. Oltre la mente. In quello spazio c’è solo spazio per il senso di compassione…e commozione, empatia, comprensione… lì c’è solo spazio per il non giudizio, per la gratitudine e per quell’Amore che prepara e predispone alla caduta dei veli.

Meditiamo.

Intanto, faccio pulizia e riordino… non solo in cucina, ma in quella vita che mi rimane.
Al rientro alla vita, metto alla prova le mie compagnie, e distinguo, col mio nuovo senso di discernimento. Lascio che le persone mi si svelino per ciò che realmente sono, accettando ora di vedere ciò che prima non vedevo, accecata com'ero dalle proiezioni e dalle idealizzazioni che la mia mente illusa proiettava sugli schermi dei miei veli dispiegati e, allora, avvolgenti. E scopro che la compassione ha un lato tagliente che recide quelle connessioni che portano fuori strada il mio essere e sentire… lascio andare ciò che non mi appartiene, lascio andare chi continua a coltivare l'illusione... ho avvisato, ho condiviso... con qualcuno a cui tenevo, inutilmente... E alla fine, devastata, reietta e incurante dei giudizi di chi non può o non vuole comprendere, mi ritrovo. E sono.
Sola.
Colonna sonora del momento: “Human” (The Killers), “Signal to noise” (Peter Gabriel), “L’ombra della Luce” (Franco Battiato), "Sacrifice" e "Sanvean" (Lisa Gerrard).
E in questa nuova solitudine, rinunciando ai grandi progetti di “risveglio” apparente e senza più colleghi al momento, ritrovo davvero, in questa vita semplice, il valore degli affetti.
La rete.
Chi mi conosce mi riconosce, adesso, al di là di tante parole e chiacchiere, anche se io stessa mi sento e mi percepisco diversa, trasformata in profondità, oltre un qualche punto di non ritorno.
La realtà è contagiosa, forse, anche quando si dichiara comunque soggettiva. Alle persone che amano, alle persone con il cuore pronto, non ho bisogno di dir nulla in più. In brevissimo tempo, qualche giorno o settimana, una rete di solidarietà mi sostiene, e per tutto ciò che è crollato o si è dissolto scopro che ciò che era stato costruito nel tempo, sulle solide basi dell’amorevolezza e della presenza, è un Tempio sicuro.

Ci metto mesi a elaborare questo evento. Qualcosa è cambiato, molto in profondità. Dopo un'esperienza del genere tutto è come azzerato, e molto, molto relativo. E se anche il cambiamento è avvenuto in un attimo, la sua integrazione ha richiesto tempo e cura.
Per tutti coloro che mi sono stati e mi sono vicini, ho una sola parola.
Grazie.

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